Filippo Fabbri
Giovedì scorso ci ha lasciati Sergio Rossi (domenica 5 aprile sarà lutto cittadino). Con lui se ne va uno dei quattro decani del distretto della scarpa di San Mauro. Il poker d’assi dei fondatori ha sempre contemplato in rigoroso ordine alfabetico Gimmi Baldinini, Quinto Casadei, Vittorio Pollini e appunto Rossi (nella foto di Renzo Pirini). Destino ha voluto che sia stato Sergio ad “aprire” la strada più buia all’età di 85 anni. Dei quattro era considerato il più estroso e creativo, dal carattere non sempre semplice, il mestiere imparato direttamente sul campo dal babbo calzolaio, l’apertura della fabbrica a San Mauro all’inizio degli anni ’50 ai bagliori del boom economico.
Come era in voga in quegli anni nel Rubicone le prime scarpe erano destinate al nascente turismo del mare, poi la nascita di uno stile proprio e l’entrata nel mondo della moda e del jet set internazionale. A ispirare le prime campagne pubblicitarie fu niente meno che il celebre fotografo Helmut Newton, a indossare le sue scarpe le stelle del cinema come Anita Ekberg nella “Dolce Vita” e Silvana Mangano in “Gruppo di famiglia in un interno” di Visconti. Questo dà l’idea della popolarità del marchio aziendale cresciuto nel massimo dello splendore negli anni ‘70 grazie alle collaborazioni con stilisti del calibro soprattutto di Versace (ma anche tanti altri), accompagnato dall’apertura di boutique monomarca in Italia e all’estero, trai primi a sbarcare negli States.
Nel 1999 arriva la svolta storica con la cessione del 70% al gruppo Gucci per la cifra monstre di 96 milioni di dollari, con la cessione anche del restante 30% sei anni dopo. Con tutta questa liquidità Sergio Rossi decide di buttarsi nel mercato immobiliare ma le cose non andranno bene come nelle scarpe. Questa infatti è la passione che ha nel sangue tanto da guidare la scuola del Cercal dal 2007 al 2013 (in precedenza lo aveva fatto dal 1985 al 1990), e affiancare il figlio Gianvito nella sua avventura imprenditoriale col marchio Ggr.
Di lui rimangono due piccoli aneddoti che danno l’idea del personaggio. Il primo è del nipote Nicola, raccontato in occasione della sua discesa in campo alle ultime elezioni comunali. Alla domanda del nipote su cose ne pensasse della sua scelta, Sergio rispose: “Tu te da fè al scherpi” (Tu devi fare le scarpe).
L’altro di Roberto Marini, dinastia di fotografi sammauresi. Robi andava a immortalare i campionari della Sergio Rossi. Questo il suo racconto su facebook: “Sergio era la perfezione della scarpa sammaurese, ricordo come se fosse adesso una scena che mi è capitata 30 anni fa mentre fotografavo il campionario nella sua fabbrica. Arrivò Sergio e si mise a guardare tutte le scarpe che dovevo fotografare, dopo un po' arrivo a un decolté disse due trecento moccoli e lo tirò nel muro, ma il muro era di cartongesso e il tacco si infilò e la scarpa rimase appesa al muro. Andò via sborbottando. Quella scarpa non l’ho fotografata non era perfetta”.
Questo era Sergio Rossi, senza dubbio una delle menti più geniali del made in Italy calzaturiero.
Ultimi Commenti