Cent'anni sono passati dall'esplosione della rivoluzione russa o rivoluzione d'Ottobre, evento capitale della storia contemporanea, amato e detestato con pari forza, e già in questa occasione da più parti ricordato. Cito, a esempio, i due principali quotidiani italiani che gli hanno dedicato: “la Repubblica” una serie di articoli di Ezio Mauro dai luoghi dell'evento: memorabile la rievocazione dello scoppio della sommossa a San Pietroburgo, quando le donne in rivolta chiamano a soccorso gli operai delle leggendarie officine Putilov; “il Corriere della Sera” un dialogo tra due grandi intellettuali italiani: l'uno di formazione marxista, Luciano Canfora, l'altro di formazione liberale, Sergio Romano, sui pro e contro della rivoluzione. Anche il processo storico del X agosto a San Mauro nella Torre, sarà dedicato alla rivoluzione d'Ottobre, con a sostegno delle ragioni dell'accusa Marcello Flores e Maurizio Ridolfi, e di quelle della difesa Luciano Canfora e Diego Fusaro.
Non conosco le ragioni che addurranno i contendenti ma, con non poco schematismo, riassumerei così la vicenda. Molti tra i marxisti ortodossi consideravano impossibile una rivoluzione in un paese arretrato come la Russia privo di una propria borghesia industriale. Lenin - grazie all'aiuto decisivo della Germania che gli permise di rientrare in Patria - e i bolscevichi sfruttarono invece la situazione bellica e il malcontento diffuso, prendendo il potere con un programma di radicale democrazia diretta, condensato nello slogan “Tutto il potere ai soviet”. Il giovane Gramsci fu tra coloro i quali sostennero le ragioni della rivoluzione. In un articolo sull'“Avanti”, uscito a ridosso dei fatti, e intitolato in modo assai significativo La rivoluzione contro Il capitale, da intendersi non come il capitalismo ma proprio come il famoso libro di Karl Marx, elogiò i bolscevichi evidenziando gli aspetti soggettivi della loro azione contro le interpretazioni positivistiche e dogmatiche di molti marxisti. Purtroppo, ben presto, la rivoluzione prese a divorare i suoi figli. Il potere dei soviet divenne dittatura del partito e poi di un solo uomo. Al punto che molti, in seguito, affermeranno che nazifascismo e comunismo sono la stessa cosa. Il che è falso. Per due ragioni essenziali. La prima: il comunismo sostiene che tutti gli uomini sono uguali e il suo è un programma ugualitario, poi fallito, certamente. Laddove il nazifascismo si fonda sul razzismo e sulla superiorità di alcuni uomini rispetto ad altri. La seconda: la rivoluzione russa ha offerto a milioni e milioni di diseredati la speranza di una possibilità di riscatto soprattutto nei paesi del cosiddetto terzo e quarto mondo.
Gianfranco Miro Gori
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