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PecFARÒQUAL (plurale faróqual) - Pannocchia di granoturco che non ha raggiunto la completa maturazione, è rimasta piccola.  Per Gianni Quondamatteo, che nel Dizionario romagnolo (ragionato) registra faròcul, il significato è, invece, anatroccolo. Quondamatteo indica l'origine sammaurese del lemma, spiega che a San Mauro si faceva un veglione che da esso traeva il nome, e commenta, riferendosi al Nuovo vocabolario. Romagnolo - italiano. Italiano - romagnolo di Libero Ercolani: “È buffo come una piccola sostituzione di vocale, faròcal, dia un analogo significato: piccola spiga di granoturco che non è giunta a completa granizione (Ercolani). La non maturazione è in entrambi i significati”. Ribadisco, nel tourbillon delle vocali, che il sammaurese suona faròqual, non faròcal (area ravennate) né faròcul (area riminese); e aggiungo, ipotizzando che si tratti della stessa parola, che  non so da dove Quondamatteo, di solito assai ben informato, abbia ricavato il significato di anatroccolo; noto, però, che ai fini della denominazione del citato veglione esso funziona comunque.  E' vigliòun di faróqual, chiamato “Veglione” o “Veglia dei faroccoli”, così, col termine dialettale italianizzato, era di fatti riservato ai giovani non sposati, fino a un massimo, per  motivi logistici, di cinquanta coppie; e si teneva ogni anno il lunedì grasso. Fu fondato all'inizio del Novecento e terminò nel 1960 in concomitanza col boom economico. Si svolse nella casa del fascio, nel palazzo municipale, nel teatro Ricci, nel cinema di via Gramsci. È un pezzo non secondario della memoria paesana novecentesca; e su di esso l'aneddotica si spreca.  Un motivo che mi pare ricorrente è quello degli abiti femminili. A essi veniva dedicato un impegno annuale fino all'acme della serata. Al proposito si racconta che le ragazze più facoltose, un anno, si cambiarono d'abito a mezzanotte. Se n'erano, con tutta evidenza, preparati due. “Av sì mudédi parchè av la sì fata madòs? (Vi siete cambiate perché ve le siate fatta addosso?)”. Domandò nell'occasione la voce della piazza che riporto senza commento.  Alle cure di Giovanni Mazzotti e Romano Pizzinelli si deve il bel libro fotografico, Il Veglione dei Faroccoli (2000) dal quale ho ricavato le notizie riportate sopra.

PÉC - Lavoro, lavoretto, e nelle frasi: “Stè cmè un péc: star bene, sentirsi bene, a proprio agio  in un posto”, nonché “Chèld cmè un péc” in cui s'aggiunge la notazione relativa al calore (chèld, caldo). Traggo le informazioni, che coincidono all'incirca con l'uso sammaurese, dal Dizionario romagnolo (ragionato) di Gianni Quondamatteo, oltre a una notizia che non conoscevo: secondo Raffaello Mantani di San Mauro “péc avrebbe avuto il significato di gatto; e un gatto vicino al fuoco, sull'arola, d'inverno, forse ha ispirato questa locuzione”. Almeno a San Mauro. Ma chi se ne ricorda?

Gianfranco Miro Gori

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Ultimi Commenti

Finalmente sono tornati! Vediamo cosa combineranno in questa nuova avventura aahahahahaBravo Moeri!...
Daniele Scarpellini ha inserito un commento in Primo Consiglio Comunale della nuova Amministrazione Guidi
Complimenti per la sua elezione ,Le auguro un ottimo lavoro.
hola ha inserito un commento in MITI E LEGGENDE DELL'ANTICA GRECIA
non è stato da aiuto☹️

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